La Corte europea si esprime sulla sanzione pecuniaria nel soccorso istruttorio

(sf)* La Corte europea di giustizia prende in esame due domande di pronuncia pregiudiziale (C‑523/16 e C‑536/16) proposte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio riguardanti l’istituto del cosiddetto “soccorso istruttorio”, con particolare riferimento alla legittimità della previsione di una sanzione nel caso di integrazione della documentazione. (link in fondo alla pagina)

La prima causa. La prima riguarda una procedura di gara d’appalto nella quale si prevedeva la possibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di chiedere la regolarizzazione, pena l’esclusione dalla procedura, di ogni offerta incompleta o irregolare; tale richiesta implicava il pagamento, da parte dell’offerente invitato a regolarizzare la propria offerta, di una sanzione pecuniaria di EUR 35 000, conformemente all’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici. Una delle società partecipanti, dopo essere stata chiamata a regolarizzare la sottoscrizione della dichiarazione di impegno, come capogruppo del raggruppamento, ha chiesto l’annullamento della sanzione pecuniaria irrogata, ritenendo che non sussistesse alcuna «mancanza, incompletezza e/o irregolarità essenziale della dichiarazione in esame», affermando, in particolare, di non aver commesso alcuna irregolarità essenziale nella presentazione dei documenti preparatori alla partecipazione alla gara d’appalto.

Al riguardo il giudice del rinvio spiega che il meccanismo del soccorso istruttorio a pagamento, di cui all’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici, fa sorgere dubbi in ordine alla sua compatibilità con il diritto dell’Unione, in particolare con l’articolo 51 della direttiva 2004/18, che prevede la possibilità di integrare o chiarire i certificati e i documenti che accompagnano le offerte presentate nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, ma senza prevedere alcuna sanzione, e con i principi di proporzionalità, tassatività delle cause di esclusione, trasparenza delle procedure, massima partecipazione e massima concorrenza.

Ritiene il Tribunale, inoltre, che seppure, in generale, il meccanismo del soccorso istruttorio appare conforme all’articolo 51 della direttiva 2004/18, di cui costituisce una declinazione, così non è per la sanzione pecuniaria che lo accompagna. Tale peculiarità, oltre a incoraggiare una sorta di «caccia all’errore» da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, produrrebbe effetti dissuasivi sulla partecipazione degli offerenti alle gare d’appalto, in quanto questi ultimi corrono il rischio di vedersi infliggere rilevanti sanzioni pecuniarie per il solo fatto che la loro offerta presenta irregolarità essenziali, indipendentemente dalla loro intenzione di avvalersi del soccorso istruttorio. Tale sanzione, infatti, è predeterminata dall’amministrazione aggiudicatrice con scelta ampiamente discrezionale, seppure nei limiti minimo dell’uno per mille e massimo dell’uno per cento ed entro il limite massimo assoluto di EUR 50 000, che essa non può essere graduata in funzione della gravità dell’irregolarità commessa e che va applicata in modo automatico ad ogni fattispecie di irregolarità essenziale accertata.

Pur riconoscendo che l’introduzione del soccorso istruttorio a pagamento di cui all’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici ha lo scopo, da un lato, di garantire la serietà delle domande di partecipazione e delle offerte presentate, e quindi di responsabilizzare gli offerenti nella predisposizione dei documenti relativi alla gara d’appalto, e, dall’altro, di indennizzare l’amministrazione aggiudicatrice per l’aggravio delle attività di verifica ad essa incombenti, si rileva, tuttavia che, date le caratteristiche della sanzione prevista, tale meccanismo non sia compatibile con il principio di proporzionalità, in quanto la sua attuazione può condurre al pagamento all’amministrazione aggiudicatrice di un indennizzo manifestamente sproporzionato rispetto all’aggravio procedimentale che quest’ultima deve eventualmente affrontare. Una misura sanzionatoria di notevole entità economica sarebbe ancor più sproporzionata stante la brevità del termine entro cui la documentazione integrativa deve essere prodotta (dieci giorni), il che non comporta quindi un prolungamento eccessivo della procedura di gara d’appalto. Inoltre, tale meccanismo non sarebbe compatibile neppure con il principio di parità di trattamento, posto che una sanzione dello stesso importo può essere inflitta tanto all’offerente che abbia commesso un’irregolarità bensì essenziale, ma di portata limitata, quanto all’offerente che abbia commesso gravi inadempienze alle prescrizioni del bando di gara. Tale meccanismo sarebbe altresì lesivo del principio della massima concorrenza, per i suoi effetti dissuasivi sulla partecipazione delle imprese, in particolare le piccole e medie imprese, alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.

La seconda causa.La seconda riguarda una procedura aperta finalizzata alla sottoscrizione di un accordo quadro, nella quale si disponeva, in attuazione dell’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici, che, in caso di dichiarazione mancante, incompleta e in ogni altro caso di irregolarità essenziale, l’offerente sarebbe stato obbligato al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a EUR 50 000, disponendo di un termine di dieci giorni per l’integrazione e/o la regolarizzazione della documentazione mancante. In particolare, poiché nella sua prima seduta pubblica, la commissione aggiudicatrice ha constatato l’omissione di richieste dichiarazioni sull’onore, attestanti che i titolari dell’impresa non erano stati oggetto di alcuna sentenza definitiva di condanna, ha richiesto la produzione delle dichiarazioni mancanti, nonché il pagamento della sanzione pecuniaria corrispondente, vale a dire EUR 50 000.

Anche in questo caso la società ha investito il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio di una domanda di annullamento della suddetta sanzione pecuniaria, eccependo, in particolare, l’incompatibilità dell’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici con l’articolo 51 della direttiva 2004/18.

Le osservazioni della Corte. Nell’ambito delle misure di trasposizione della direttiva 2004/18 che gli Stati membri devono adottare, questi sono liberi, in linea di principio, non solo di prevedere una possibilità di regolarizzazione delle offerte nel loro diritto nazionale, ma anche di regolamentarla.  Gli Stati membri possono quindi, a tale titolo, decidere di subordinare tale possibilità di regolarizzazione al pagamento di una sanzione pecuniaria, come prevede nella fattispecie l’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici.  Tuttavia, quando si avvalgono della facoltà prevista all’articolo 51 della direttiva 2004/18, devono fare in modo di non compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti da tale direttiva e di non pregiudicare né l’effetto utile delle sue disposizioni né le altre disposizioni e gli altri principi pertinenti del diritto dell’Unione, in particolare i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, di trasparenza e di proporzionalità.

Premesso che, in ogni caso, spetta al giudice del rinvio, il solo competente ad accertare e valutare i fatti delle controversie principali, esaminare se, tenuto conto delle circostanze, le regolarizzazioni richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici rigiarino la comunicazione di documenti la cui mancanza doveva comportare l’esclusione degli offerenti o se, al contrario, costituiscano semplici richieste di chiarimenti in merito a offerte che dovevano essere corrette o completate su singoli punti o essere oggetto di una correzione di errori materiali manifesti, la Corte precisa che la nozione stessa di irregolarità essenziale, che non è definita nell’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici, non appare compatibile né con le disposizioni dell’articolo 51 della direttiva 2004/18 né con i requisiti ai quali è subordinato, ai sensi della giurisprudenza della Corte richiamata ai punti da 49 a 52 della presente sentenza, il chiarimento di un’offerta nell’ambito di un appalto pubblico soggetto alla direttiva 2004/17.

Ne consegue che il meccanismo del soccorso istruttorio previsto all’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici non può trovare applicazione nell’ipotesi in cui l’offerta presentata non possa essere regolarizzata o chiarita, ai sensi della giurisprudenza richiamata ai punti da 49 a 52 della presente sentenza, e che pertanto, in tal caso, nessuna sanzione può essere inflitta all’offerente in un caso del genere.

Nell’ipotesi, invece, in cui il giudice del rinvio dovesse pervenire alla conclusione che le domande di regolarizzazione o di chiarimento formulate dalle amministrazioni aggiudicatrici soddisfacevano i requisiti prima richiamati egli sarà tenuto ad esaminare se le sanzioni pecuniarie inflitte nei due procedimenti principali, in applicazione dell’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici, rispettino il principio di proporzionalità.

La Corte afferma che, ai sensi dell’articolo 38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici, spetta all’amministrazione aggiudicatrice fissare, entro i limiti minimo e massimo stabiliti in tale disposizione, l’importo della sanzione pecuniaria che può essere inflitta all’offerente invitato a regolarizzare la propria offerta. Tuttavia, richiamando quanto rilevato dal giudice di rinvio, si sofferma sulla opportunità che la sanzione pecuniaria sia prestabilita dall’amministrazione aggiudicatrice e che il suo importo, elevato, non possa, quindi, essere graduato in funzione della gravità dell’irregolarità cui si pone rimedio.

Al riguardo, pur riconoscendo che l’istituzione di una sanzione sia giustificata dalla necessità, da un lato, di responsabilizzare gli offerenti, indotti così a predisporre con cura e diligenza le loro offerte, e, dall’altro, di indennizzare l’amministrazione aggiudicatrice per l’aggravio che ogni regolarizzazione rappresenta, la Corte rileva, in primo luogo, che è vero che la fissazione anticipata da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dell’importo della sanzione nel bando di gara risponde, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, alle esigenze derivanti dai principi di parità di trattamento tra gli offerenti, di trasparenza e di certezza del diritto, in quanto oggettivamente consente di evitare qualsiasi trattamento discriminatorio o arbitrario di questi ultimi da parte della suddetta amministrazione aggiudicatrice. Cionondimeno, l’applicazione automatica della sanzione così prestabilita, indipendentemente dalla natura delle regolarizzazioni operate dall’offerente negligente e quindi anche in assenza di qualsiasi motivazione individuale, non appare compatibile con le esigenze derivanti dal rispetto del principio di proporzionalità.

Pur riconoscendo, infatti, che l’applicazione di una sanzione pecuniaria costituisce un mezzo appropriato per conseguire gli obiettivi legittimi perseguiti, consistenti, da un lato, nel responsabilizzare gli offerenti in sede di predisposizione delle loro offerte e, dall’altro, nel compensare l’onere finanziario che qualsiasi regolarizzazione può rappresentare per l’amministrazione aggiudicatrice, tuttavia, importi di sanzioni come quelli stabiliti nei bandi di gara da parte delle amministrazioni aggiudicatrici nei due procedimenti esaminati, appaiono di per sé manifestamente esorbitanti, tenuto conto dei limiti entro i quali devono mantenersi sia la regolarizzazione di un’offerta a titolo dell’articolo 51 della direttiva 2004/18 sia il chiarimento di un’offerta nell’ambito della direttiva 2004/17.

La decisione.La Corte, quindi, sulla base di queste considerazioni giunge alla seguente dichiarazione:  il diritto dell’Unione non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale che istituisce un meccanismo di soccorso istruttorio in forza del quale l’amministrazione aggiudicatrice può, nel contesto di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, invitare l’offerente la cui offerta sia viziata da irregolarità essenziali, ai sensi di detta normativa, a regolarizzare la propria offerta previo pagamento di una sanzione pecuniaria, purché l’importo di tale sanzione rimanga conforme al principio di proporzionalità, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare.

Per contro, queste stesse disposizioni e questi stessi principi devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che istituisce un meccanismo di soccorso istruttorio in forza del quale l’amministrazione aggiudicatrice può imporre a un offerente, dietro pagamento da parte di quest’ultimo di una sanzione pecuniaria, di porre rimedio alla mancanza di un documento che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, deve portare alla sua esclusione, o di eliminare le irregolarità che inficiano la sua offerta in modo tale che le correzioni o modifiche apportate finirebbero con l’equivalere alla presentazione di una nuova offerta.

testo della decisione

(*) articolo pubblicato su www.marcoaurelio@comune.roma.it

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