Sui protocolli di legalità negli appalti pubblici deciderà la Corte di Giustizia europea

Unknown-1(Amedeo Di Filippo) Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con l’ordinanza n. 534 del 12 settembre (link in fondo alla pagina), ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione circa la compatibilità dei “protocolli di legalità” col diritto comunitario, che contempla il principio della tassatività delle cause di esclusione.

Com’è noto, attraverso i protocolli di legalità le amministrazioni aggiudicatrici assumono l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole intese alla prevenzione, al controllo e al contrasto delle attività criminali.

Speculare è l’obbligo da parte delle imprese di tenere alcuni comportamenti virtuosi, finalizzati a consentire e ad agevolare gli interventi repressivi in relazione a eventuali tentativi, posti in essere da sodalizi criminosi, allo scopo di turbare o di distorcere lo svolgimento delle gare o di intimidire i titolari delle imprese ad esse partecipanti.

Questa scelta è stata operata in Italia dall’art. 1, comma 17, della L. “anticorruzione” n. 190/2012, che ha introdotto la facoltà, per le amministrazioni aggiudicatrici, di considerare, quale valida causa di esclusione, la mancata accettazione o la mancata dimostrazione documentale dell’avvenuta accettazione da parte delle imprese partecipanti degli impegni contenuti nei protocolli di legalità.

Il CGA, trattando l’impugnativa proposta da una impresa esclusa, ha riscontrato possibili contrasti con la disciplina comunitaria, in particolare con l’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE, tenuto anche conto che l’art. 38 del Codice dei contratti non contempla sanzioni di esclusione in relazione alla mancanza della dichiarazione di accettazione degli impegni contenuti nei suddetti protocolli.

Da qui l’esigenza di sottoporre la compatibilità del diritto interno alla Corte di Giustizia, alla quale il CGA chiede, sospendendo il giudizio, se il diritto dell’Unione europea osti a una disposizione che consenta alle stazioni appaltanti di prevedere come legittima causa di esclusione delle imprese partecipanti a una gara la mancata accettazione degli impegni contenuti nei protocolli di legalità e, più in generale, in accordi tra le stazioni appaltanti e le imprese partecipanti volti a contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore degli affidamenti di contratti pubblici.

Chiede, inoltre, se l’eventuale previsione da parte dell’ordinamento di uno Stato membro della potestà di esclusione possa essere considerata una deroga al principio della tassatività delle cause di esclusione giustificata dall’esigenza imperativa di contrastare il fenomeno dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nelle procedure di affidamento di contratti pubblici.

link alla sentenza

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