I giudici del TAR Toscana, con la sentenza n.01295/2019 (link in fondo alla pagina) riepilogano gli aspetti patologici derivanti da richieste di accesso che si rivelino emulative e orientate al generico controllo dell’operato della Pubblica Amministrazione.
“Il diritto d’accesso ai documenti riconosciuto dall’art. 22 legge n. 241/90, non si atteggia dunque come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma di controllo generalizzato sull’Amministrazione, né può essere trasformato in uno strumento di ispezione popolare sull’efficienza di un soggetto pubblico o di un determinato servizio, nemmeno in ambito locale.
Ne deriva che, da una parte, l’interesse che legittima ciascun soggetto all’istanza, e che va accertato caso per caso, deve essere personale e concreto e, dall’altra, la documentazione richiesta deve essere direttamente riferibile a tale interesse, oltre che individuata o ben individuabile.
Peraltro, aggiungono i giudici, “nel caso in esame, il carico di lavoro che deriverebbe al Comune dalla domanda di accesso dell’odierno ricorrente sarebbe tale da paralizzarne l’attività almeno per diversi giorni. Pertanto il diniego espresso al riguardo dall’Amministrazione deve ritenersi del tutto legittimo, dovendosi bilanciare gli interessi personali del ricorrente con il mantenimento dell’efficienza e del buon funzionamento di quest’ultima.”
La legittima aspirazione che anima il ricorrente, come da questi chiarito in sede di discussione orale, alla trasparenza amministrativa e al controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali, potrà trovare soddisfazione attraverso l’utilizzo degli strumenti a tal fine apprestati dall’ordinamento con il d.lgs. n. 33/2013, ovvero, in primo luogo, attraverso la consultazione della sezione “amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del detto Comune, ed in seconda battuta, attraverso l’esercizio del diritto (di chiunque) di accedere ai documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di obbligo di pubblicazione, nel limite degli interessi pubblici e privati, quali individuati dal legislatore
Tuttavia, anche quest’ultimo strumento di trasparenza (accesso civico generalizzato) dovrà essere utilizzato senza abusare dello stesso, bensì nell’ambito delle finalità partecipative perseguite dal legislatore e di un rapporto di leale collaborazione tra cittadini e Amministrazione. Sulla base di tali condizioni si dovrà concordemente pervenire alla corretta individuazione dell’oggetto dell’istanza di accesso civico, che, anche se libera da requisiti soggettivi legittimanti, dovrà comunque identificare “i dati, le informazioni o i documenti richiesti” ex art. 5 comma 3, d.lgs. n. 33/2013; non potendo, da una parte, anche in base a tale disciplina, essere ritenute ammissibili richieste meramente esplorative, cioè volte semplicemente a scoprire di quali informazioni l’Amministrazione dispone, o manifestamente irragionevoli, tali cioè da dover comportare un carico di lavoro in grado d’interferire con il buon funzionamento dell’Amministrazione (come quella oggetto del presente giudizio); e dall’altra, dovendosi quest’ultima astenere dall’opporre preclusioni automatiche e assolute alla conoscibilità dei documenti richiesti, al di fuori dei casi previsti dall’art. 5 bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013; considerato che anche l’esistenza di un’indagine penale non è di per sé causa ostativa all’accesso ai documenti se quest’ultimi non sono confluiti nel fascicolo del procedimento penale e non rientrano tra gli “atti di indagine compiuti dal pubblico ministero” di cui all’art. 329 c.p.p.”
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