(Daniela Lo Piccolo) Con la sentenza n. 53 del 27 gennaio 2017, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia, a seguito di una segnalazione pervenuta dall’assessorato regionale, sette ex amministratori di un istituto di Palermo per la riabilitazione di soggetti disabili, ha condannato funzionari e dirigenti, con la condanna al risarcimento danni non solo per la gestione “allegra” e sconsiderata condotta in dispregio alle regole più elementari di sana amministrazione, ma anche per la lesione all’immagine dell’istituto che la mala gestione ha prodotto.
Le irregolarità spaziano dai mandati di pagamento per rimborsare spese estranee alle attività istituzionali e/o prive di documentazione giustificativa, alla corresponsione di compensi non dovuti e ad altre gravi (e reiterate) irregolarità amministrative. Un quadro a tinte fosche per il quale la sezione condanna i manager pubblici convenuti a pagare, a titolo di risarcimento, 450mila euro per danno erariale e 300mila euro per danno all’immagine dell’istituto amministrato.
Di grande interesse, la disamina effettuata dai giudici contabili in relazione al danno all’immagine, svolta sulla base di numerosi riscontri normativi e giurisprudenziali che mettono in luce la piena tutela accordata dal nostro ordinamento al buon nome della P.A.
Da tempo la Corte di cassazione (ex multis, sezione III civile, sentenza n. 12929/2007) sostiene che la lesione del diritto della persona giuridica all’integrità della propria immagine è causa di danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’articolo 2059 del Codice civile, anche in rapporto alla sminuita considerazione cagionata dall’operato delle persone fisiche dei suoi organi. Anche se, in apparenza, il danno all’immagine non provoca una diminuzione patrimoniale alla Pa, esso è dunque suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso. È evidente, d’altra parte, che se il soggetto legato da un rapporto di servizio sfrutta la posizione ricoperta per scopi di utilità personale anziché per perseguire un interesse pubblico, viene così minata la fiducia dei cittadini nella correttezza dell’azione amministrativa, con ricadute negative per l’organizzazione e la gestione dei servizi forniti alla collettività.
Occorre evidenziare e sottolineare che con l’articolo 1 del D.L. 203/2009, convertito in legge 141/2009, che ha modificato l’articolo 17, comma 30 ter, del D.L. 78/2009, convertito in Legge 102/2009, ha disposto che le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine, senza però fornire una definizione per tale genere di danno, né tanto meno indicare i criteri in base ai quali esso debba essere risarcito.
A fronte di ciò, il Legislatore è intervenuto con l’articolo 1, comma 62, della legge 6 novembre 2012 n. 190, per inserire il comma 1 sexies nel testo dell’articolo 1 della legge 20/1994, e sancire che “nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.
La sezione Sicilia prende spunto da tale utile indicazione normativa, ma tiene conto di alcuni correttivi desunti dagli atti processuali per addivenire, nei limiti del possibile, a un corretto esercizio del potere equitativo. Nello specifico, il collegio annette peso all’eco dato dalla stampa locale ai comportamenti criminosi dei convenuti, nonché agli “odiosi e ripetuti atti di spogliazione posti in essere sistematicamente dagli stessi, sia pure con condotte diversamente valutabili sul piano eziologico”. Di qui la quantificazione del danno all’immagine – si noti bene: senza l’esercizio del potere riduttivo, in presenza dell’elemento psicologico del dolo – per il considerevole importo di 300mila euro, ripartito in diversa misura a carico degli amministratori a seconda della loro posizione, nonché tenuto conto del rapporto di causalità delle condotte emerse rispetto agli illeciti accertati
4,367 total views, 4 views today