Personale, ai fondi decentrati tutti i compensi per attività extra non autorizzate

images(Daniela Lo Piccolo) L’articolo 53 del D.lgs n. 165/2001, reca disposizioni dalle quali si desume che ai dipendenti pubblici si applica il principio della esclusività della prestazione lavorativa, per cui essi non possono avere altri rapporti, se non nei casi previsti dalla normativa oppure previa autorizzazione della propria amministrazione, autorizzazione che, peraltro, deve essere formalmente concessa.

La sentenza dei giudici contabili siciliani stabilisce che non ha alcun rilievo, al fine di determinare la legittimità dello svolgimento di un’attività ulteriore senza autorizzazione, il fatto che una attività lavorativa svolta alle dipendenze della Pubblica amministrazione abbia natura privatistica. E neppure che sia prevista la possibilità di svolgimento di attività ulteriori previa autorizzazione.

La Corte dei Conti, sezione di appello della Sicilia, con sentenza n. 210/2015, ha statuito che i dipendenti pubblici che svolgono attività lavorative per altri soggetti, sia che si tratti di pubbliche amministrazioni o di datori di lavoro privati – e che non siano autorizzati, anche se queste prestazioni hanno natura privatistica, devono versare al fondo per la contrattazione decentrata della amministrazione datore di lavoro tutti i compensi ricevuti per questa via. A tale sanzione va, poi, ad aggiungersi l’obbligo della irrogazioni di misure disciplinari, che possono arrivare al culmine massimo del licenziamento senza preavviso.

La circostanza che la prima attività fosse preesistente e svolta per lungo tempo all’atto della assunzione presso l’ente e che il dipendente abbia dichiarato espressamente e formalmente la sussistenza di condizioni di incompatibilità, porta a ritenere che la condotta del dipendente deve essere definita come dolosa e non come gravemente colposa.

La sentenza dice che il dipendente «è obbligato a versare tutti gli emolumenti, a lui dovuti per tali attività, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione d’appartenenza, affinché siano destinati a incrementare il fondo di produttività o fondi equivalenti». Le risorse vanno quindi al fondo per la contrattazione decentrata dell’ente da cui il lavoratore dipende. È da sottolineare, infine, che la sentenza di appello ha aumentato la misura della sanzione, portandola al totale dei compensi che il dipendente ha ricevuto per svolgere attività ulteriori senza essere previamente autorizzato, mentre in primo grado in via equitativa era stata prevista una riduzione della misura della sanzione.

 

sentenza 210 del 2015 – corte dei conti sicilia

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